Leonardo Ricci

(Roma 8 giugno 1918 – Venezia 29 settembre 1994)

Leonardo Ricci

Di origine franco-svizzera e di educazione valdese, Leonardo (Roma 8 giugno 1918 – Venezia 29 settembre 1994) è il secondo dei quattro figli di Giuditta de Giorgi e di Raniero Ricci, ingegnere. Seppure probabilmente influenzato dal mestiere del padre per le future scelte professionali, egli dimostra fin da ragazzo una determinante vocazione di pittore, radice profonda della sua multiforme attività culturale.

Dopo il trasferimento da Roma a Torino, Ricci approda a Venezia e a Padova, dove espone per la prima volta neppure ventenne. Nel 1936 è a Firenze, si iscrive alla Facoltà di Architettura e incontra il Maestro Giovanni Michelucci, con il quale si laurea e del quale è poi assistente e collaboratore.

Nello studio di Michelucci sono riuniti i giovani più promettenti della cosiddetta scuola fiorentina, fra i quali Leonardo Savioli, Edoardo Detti e Giuseppe Giorgio Gori. Ma i primi progetti del gruppo sono interrotti dalla seconda guerra mondiale e Ricci, sottotenente di complemento del genio dal 1939, combatte al fronte in Sicilia. Durante la ritirata dall’isola, nell’incontro con un’umanità straniera, eppure vicina nella fuga comune, Ricci comprende la via del mistero come unica possibilità di vita dopo il conflitto e intende la società degli uomini come «nave navigante nello spazio, che raccoglie tutti insieme nello stesso unico viaggio verso la stessa unica meta» (Anonimo del XX secolo, 1965, p. 159).

Di nuovo a Firenze, Ricci si riunisce con i compagni della Resistenza, fra i quali alcuni dei suoi giovani colleghi, e incontra Tullio Vinay, pastore valdese antifascista, al quale rimarrà legato sempre per la condivisione dei temi etici e per la vocazione comunitaria.

Nel 1944 apre il suo studio professionale con Savioli e Gori e partecipa ai concorsi per la ricostruzione dei ponti fiorentini e delle zone distrutte del centro, inserendosi nel dibattito contro la ricostruzione “com’era dov’era” sostenuta da Bernard Berenson, e appoggiando le tesi michelucciane che intendevano al contrario le ferite della città come nuove occasioni, luoghi da cui far partire il rinnovamento.

La prima commissione importante arriva nel 1946 quando Ricci vive l’esperienza comunitaria nella valle piemontese di Prali: Vinay affida al giovane architetto la realizzazione del villaggio valdese Agàpe, portata a termine da Giovanni Klaus Koenig. Questa avventura di condivisione segnerà fortemente le più importanti scelte architettoniche del periodo successivo.

Nel frattempo, nella ricerca pittorica, appare una energia nuova e dirompente, nel segno del colore e di forme geometriche stilizzate, influenzata dall’assidua frequentazione delle gallerie parigine dove Ricci incontra Jean-Paul Sartre, Albert Camus e Le Corbusier. Ricci espone al Salon de Mai con Pablo Picasso, Henri Matisse e Alberto Giacometti e inaugura una sua personale alla Galerie Pierre, con larga risonanza critica.

Seguono due realizzazioni architettoniche fondamentali: il mercato dei fiori a Pescia con Savioli, Giuseppe Giorgio Gori, Enzo Gori e Brizzi (1948-51) e l’insediamento di Monterinaldi a Firenze (1949-1968). Il “villaggio dei marziani”, così è comunemente chiamato l’intervento sul terreno scosceso di fronte a Fiesole, è un vero e proprio manifesto del modo ricciano di intendere l’opera architettonica come tutt’uno con il paesaggio circostante. Alla casa per la sua famiglia Ricci affianca nel tempo una serie di altre residenze. L’insieme di case sembra essere lì da sempre, realizzato con i muri a scarpata e le pietre del luogo, ed è costruito seguendo le necessità primarie, senza barriere o interruzioni, per un fluire libero e dinamico della vita degli abitanti. Grazie alla fortuna critica di Monterinaldi, Ricci si avventurerà anche nel progetto per un secondo villaggio residenziale a Montepiano, che tuttavia non riuscirà a ultimare.

Nella ricerca pittorica Ricci passa in questo periodo da un registro figurativo composto da  forme arcaiche che esplorano la via dell’onirico, della vita, della morte e della fertilità, all’Informale, con una maniera altamente drammatica, una sorta di automatismo psichico che trova i suoi modelli anche nell’Action painting. I nuovi maestri sono i primitivisti, da Schiele a Picasso, ma anche amici come Corrado Cagli, Afro e Mirko Basaldella, in particolare il gruppo di artisti che vive intorno alla figura di Fiamma Vigo e della galleria Numero. La consacrazione della casa-studio come luogo eletto per rappresentare Ricci “pittore e architetto” avviene nel 1955 con l’allestimento della mostra «La Cava», curata con la Vigo: una serie di opere, fra gli altri di André Bloc, Mirko e Arnaldo Pomodoro, sono esposte all’aperto su tutta la collina (Aujourd’hui, 1955, n. 5, pp. 32 s.).

Negli stessi anni Ricci avvia l’impegno didattico all’Università di Firenze, prima come assistente e libero docente, poi come ordinario e infine come preside, vivendo in pieno la contestazione del Sessantotto, fino alle dimissioni e all’esilio veneziano dal 1973. È un insegnante carismatico, appassionato e aperto al confronto. Suo il merito di aver coinvolto Umberto Eco, chiamato al suo primo incarico da docente.

Alla fine degli anni Cinquanta Ricci progetta alcune ville di matrice organico-espressionista per committenti d’eccellenza, come la casa per Elisabeth Mann Borgese a Forte dei Marmi (1957–59) e quella per il couturier Pierre Balmain all’isola d’Elba (1958), mentre unico esempio di realizzazione per l’industria è l’edificio multifunzionale della Manifattura Goti a Campi Bisenzio (1959-62).

Ma l’incarico cruciale è quello per la macrostruttura La Nave all’interno del piano urbanistico per il nuovo quartiere di Sorgane. Un organismo architettonico di matrice brutalista, complesso e flessibile, che nelle intenzioni del progettista cerca di superare quegli aspetti critici di chiusura evidenziati nell’Unité d’habitation di Le Corbusier.

Dal 1960 al 1983 è chiamato a insegnare anche negli Stati Uniti, sarà Visiting Professor e Graduate Research Professor in prestigiose università come il MIT, la Pennsylvania State University e la Florida University, dove disegnerà con gli studenti nuovi modelli urbani a scala territoriale. Nel 1970, nell’ambito del programma “model cities” ipotizzato da Kennedy, progetterà uno dei primi esempi di macrostruttura per un neighborhood di centomila abitanti a Miami, espressione di una ricerca all’avanguardia per quei tempi.

Le esperienze professionali e di insegnamento, il soggiorno americano e la conoscenza diretta delle opere di Frank Lloyd Wright, incontrato di persona nel 1951 a Palazzo Strozzi durante la sua prima mostra italiana a cura di Carlo Ludovico Ragghianti e Bruno Zevi, portano Ricci a raccogliere  le basi per quell’insieme di riflessioni sulla vita, sull’arte e sull’architettura che convergono in Anonymous (20tcentury), pubblicato a New York nel 1962.

Nei primi Sessanta Ricci è anche in Sicilia, di nuovo su invito di Tullio Vinay, per progettare un villaggio comunitario a Riesi, in un ambiente ostile controllato dalla mafia. L’idea per il Monte degli Ulivi è semplice: costruire un centro per tutti, vecchi, adulti, bambini. Gli edifici previsti sono l’Ecclesia, la scuola elementare, l’asilo, l’officina, gli uffici e gli alloggi. Le strutture sono quelle di ogni altro villaggio, ma Ricci cerca di distruggerle come entità separate per integrare residenza e lavoro e per mettere in pratica le idee di una riconfigurazione degli spazi di vita impostata sui bisogni reali. Lo schema iniziale dovrà subire delle modifiche dovute alle ristrettezze economiche e l’Ecclesia resterà incompiuta: guscio spezzato, meravigliosa forma plastica interrotta, primo esempio mai realizzato di architettura informale in Italia.

Nel 1964 Ricci allestisce la mostra dell’Espressionismo a Palazzo Strozzi e nel 1967 è invitato da Zevi, Giulio Carlo Argan e Umberto Eco a progettare una sezione del padiglione italiano all’Expo di Montréal, con Carlo Scarpa e Bruno Munari.

Del 1977 è il progetto di concorso per il Centro Direzionale di Firenze, del 1978 è il Contreprojet pour les Halles a Parigi mentre del 1981 è il progetto per il grattacielo del Chicago Herald Tribune.

Ultime e più tormentate opere della maturità sono la gigantesca struttura piramidale del cimitero di Jesi del 1984 e il palazzo di Giustizia di Savona del 1987. Realizzazione postuma e molto discussa è il Palazzo di Giustizia di Firenze, ultima occasione di collaborazione mancata con Michelucci. Il travagliato cantiere ha portato a un risultato che non restituisce in maniera soddisfacente il progetto originario.

Il fare progettuale di Ricci resta un unicum in Italia: la concezione dello spazio come fatto esistenziale e risultato dei bisogni primari dell’uomo, il progetto come tentativo di accettare il dinamismo dei fenomeni e l’incessante fluire della vita che non può essere arginata in forme prestabilite.

Una ricerca che conduce verso un modo originario di abitare la terra, un linguaggio come risposta mai compiuta agli interrogativi sul senso autentico di essere nel mondo.

Opere

Bibliografia

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